Secondo screening in gravidanza: quando si fa e perché è importante per la salute di mamma e bambino

Il secondo screening in gravidanza rappresenta una tappa fondamentale per tutelare la salute di mamma e bambino. Questo insieme di esami prenatali, noti come test del secondo trimestre, viene normalmente effettuato tra la 15ª e la 20ª settimana di gestazione. La finalità principale è rilevare precocemente eventuali anomalie cromosomiche e difetti strutturali, offrendo così la possibilità di intervenire o approfondire le indagini quando necessario.

Cosa prevede il secondo screening

Il secondo screening, definito anche test del quadruplo marcatore o Quad Test, consiste nell’analisi di quattro marcatori specifici nel sangue materno:

  • Alfafetoproteina (AFP)
  • Gonadotropina corionica umana (hCG)
  • Estriolo non coniugato (uE3)
  • Inibina A

Queste sostanze, prodotte rispettivamente dal feto, dalla placenta e dal fegato fetale, forniscono importanti indicazioni sul rischio di anomalie genetiche e malformazioni come la Sindrome di Down (trisomia 21), la Sindrome di Edwards (trisomia 18) e i difetti del tubo neurale come la spina bifida. I risultati ottenuti non permettono una diagnosi definitiva ma stimano la probabilità che il feto presenti una di queste condizioni, guidando così la scelta su eventuali test successivi più approfonditi, come l’amniocentesi o la villocentesi.

Quando si effettua e modalità di esecuzione

Il momento ottimale per sottoporsi al secondo screening è tra la 15ª e la 20ª settimana di gravidanza. Questo intervallo temporale è stato scelto perché in questa fase i livelli delle sostanze analizzate offrono la massima affidabilità nell’identificazione delle anomalie ricercate. Esistono tuttavia differenze nei protocolli internazionali: alcune linee guida suggeriscono l’inizio degli esami dalla quattordicesima settimana, mentre altri centri propendono per la diciassettesima come periodo ideale.

Il test è semplice e non invasivo: richiede un prelievo di sangue materno, dal quale vengono poi ricavati i livelli dei quattro marcatori oggetto dell’analisi. Non è necessario il digiuno né alcuna preparazione particolare; la procedura non comporta rischi per la madre o il feto. L’esame può essere accompagnato, in questa fase della gravidanza, da una ecografia morfologica (generalmente tra la 19ª e la 23ª settimana), che permette di valutare strutturalmente la crescita e lo sviluppo del feto, rilevando eventuali malformazioni anatomiche.

Importanza per la salute di madre e figlio

L’esecuzione del secondo screening consente di individuare le gravidanze a rischio aumentato di difetti cromosomici o strutturali. Questo ha molteplici benefici:

  • Permette alle donne e alle famiglie di prendere decisioni informate rispetto al percorso diagnostico e alla gestione della gravidanza.
  • Consente agli specialisti di programmare eventuali approfondimenti mirati, come test invasivi solo nei casi in cui la probabilità di patologie sia effettivamente elevata.
  • Offre supporto psicologico e counseling a coppie che si trovano di fronte a una diagnosi complessa, garantendo un percorso assistenziale personalizzato.
  • Favorisce, nei casi di esiti negativi, una maggiore serenità nel proseguire la gravidanza, riducendo ansie e timori.

Le condizioni ricercate tramite il secondo screening, come la spina bifida oppure alcune trisomie, possono avere un impatto significativo sulla vita del bambino e della famiglia. Individuare queste situazioni in gravidanza consente non solo di pianificare eventuali trattamenti o interventi tempestivi, ma anche – qualora fosse necessario – di predisporre il parto in centri specializzati per il trattamento delle specifiche esigenze neonatali.

Limiti e significato clinico dei risultati

Il secondo screening in gravidanza rappresenta un test di valutazione del rischio, non una diagnosi.

  • Un risultato positivo indica che la probabilità di una condizione genetica o malformativa è più alta rispetto alla norma, ma non significa con certezza che il feto sia affetto.
  • Un risultato negativo riduce la probabilità, ma non la elimina completamente.

Se il test evidenzia un rischio aumentato, la donna viene informata e indirizzata a un percorso di consulenza genetica e, se necessario, a test diagnostici più specifici, come l’amniocentesi. Tali procedure sono più accurate ma anche più invasive; dunque, il test del secondo trimestre svolge un ruolo di filtro importante, riducendo il numero di donne esposte agli esami invasivi.

In caso di patologie come la toxoplasmosi o la rosolia, nel secondo trimestre vengono eseguiti anche test infettivologici che, se positivi, consentono di attivare prontamente le terapie più adeguate.

Differenze con il primo screening

Nel percorso prenatale, lo screening del primo trimestre (bitest o duo test) si svolge tra la 9ª e la 13ª settimana di gravidanza e ha scopi simili: valuta il rischio delle principali trisomie ma su basi biochimiche ed ecografiche differenti. Se il primo screening non viene eseguito, quello del secondo trimestre diventa ancora più centrale nella valutazione del benessere fetale.

Conclusioni e raccomandazioni

Il secondo screening in gravidanza offre alle donne e ai professionisti strumenti moderni per la prevenzione e la diagnosi precoce delle principali patologie cromosomiche e strutturali del feto. La sua esecuzione è raccomandata a tutte le donne in gravidanza, indipendentemente dall’età materna o dai fattori di rischio pregressi, secondo i protocolli ministeriali e le più aggiornate linee guida mediche.

Affidarsi con regolarità ai controlli previsti e condividere l’esito degli esami con lo/a specialista di riferimento permette di affrontare la gravidanza con serenità e piena consapevolezza, promuovendo le basi per la nascita di un bambino sano e tutelando la salute della madre. L’integrazione delle informazioni derivanti da questi test con quelle ecografiche e infettivologiche rappresenta il cardine di una medicina materno-fetale moderna, centrata sulla prevenzione e sull’individualizzazione delle cure.

Lascia un commento