Nell’attività di un tabaccaio, le imposte e gli oneri fiscali celati rappresentano spesso un peso occulto che impatta sulla sostenibilità economica e sulla redditività complessiva della rivendita. Diversamente da altre attività commerciali, la tabaccheria opera sotto un regime di monopolio dello Stato, in cui ogni fase, dalla vendita dei prodotti alla gestione amministrativa, comporta specifiche imposizioni fiscali difficili da individuare a un primo sguardo esterno. Molti consumatori ignorano la complessità del carico fiscale che grava su queste attività, spesso riducendosi a soli numeri visibili in fattura o scontrino, mentre ben altre voci rimangono sommerse, incidendo profondamente sul margine operativo del gestore.
Struttura Fiscale: tra accise, IVA e imposizioni indirette
Alla base delle entrate fiscali per lo Stato legate ai tabacchi vi sono principalmente accise e IVA, oltre a una parte residuale che costituisce il “aggio”, cioè il margine riservato al rivenditore. L’accisa è una imposta specifica che grava sulla produzione e vendita di prodotti considerati dannosi per la salute o di particolare rilevanza per il fisco, come appunto i tabacchi. Con le modifiche normative più recenti, il governo ha stabilito un onere fiscale minimo di 170 euro al chilogrammo, comprensivo di accisa e IVA: si tratta di una vera e propria soglia di tassazione che colpisce particolarmente i prodotti dal prezzo più basso, spingendo inevitabilmente verso un innalzamento del prezzo finale per quelle fasce di prodotto e riducendo ulteriormente la quota che resta effettivamente al gestore della rivenditaaccisa.
Nel dettaglio, l’aliquota applicata alle sigarette è arrivata recentemente al 58,7%, mentre quella per il cosiddetto “tabacco trinciato fino” – utilizzato per confezionare sigarette artigianali – si attesta a 115 euro al chilogrammo, in aumento rispetto al passato. Questa pressione fiscale viene giustificata non solo dalla necessità di fare cassa per lo Stato, ma anche con motivazioni di tutela della salute pubblica, in linea con le direttive comunitarie che mirano a disincentivare il consumo di tabacco attraverso la leva del prezzo.
Oneri diretti e costi invisibili per i gestori
Oltre alle accise e all’IVA, spesso considerate “tasse evidenti”, il tabaccaio si trova ad affrontare una serie di imposizioni indirette e contributive che contribuiscono ad alzare l’asticella del peso fiscale complessivo. Prima di tutto, la normativa italiana impone che la gestione della tabaccheria sia affidata esclusivamente a persone fisiche e non a società, limitando le possibili ottimizzazioni fiscali e le opportunità di ripartizione degli utili, nonché l’accesso facilitato a regimi agevolati riservati ad altre forme di impresa.
Gli oneri diretti comprendono:
- Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), calcolata sulla base del reddito netto d’impresa generato dalla tabaccheria.
- Contributi previdenziali INPS, che possono rappresentare una quota molto rilevante del costo complessivo.
- Addizionali regionali e comunali sull’IRPEF, che variano sul territorio.
- Contributi camerali dovuti annualmente alla Camera di Commercio.
- IVAFE e altre imposte minori, qualora la tabaccheria svolga anche attività connesse.
Secondo chi opera nel settore, i costi sommati di imposte dirette, addizionali e contributi previdenziali possono arrivare a superare il 60% del reddito dichiarato, toccando in taluni casi addirittura il 65%, livello ritenuto insostenibile nel lungo periodo. Questo carico fiscale, spesso sottostimato dai non addetti ai lavori, si traduce in una crescente difficoltà di mantenere la redditività dell’attività e nel rischio di dover ricorrere a scelte drastiche come la chiusura o il cambiamento d’uso della licenza.
Le “tasse nascoste” del sistema monopolistico
Oltre ai tributi canonici, esistono poi altri costi occulti, spesso non percepiti come tasse vere e proprie ma che ne svolgono di fatto la funzione. Tra questi spiccano:
- Canoni di concessione: il gestore della tabaccheria versa periodicamente allo Stato importi per il mantenimento della concessione, spesso soggetti ad aggiornamenti automatici.
- Oneri amministrativi: dalla tenuta dei registri di carico e scarico dei prodotti di monopolio agli obblighi di sicurezza e adeguamento strutturale, ogni adempimento rappresenta un costo annuo non trascurabile.
- Margine di aggio ridotto: la percentuale riconosciuta sulla vendita dei prodotti da fumo è molto bassa, ben inferiore a quella di altri generi commerciali, mentre i rischi e le responsabilità restano interamente a carico del gestore.
Un ulteriore aspetto riguarda la presenza di “doppie imposizioni” o prelievi che sembrano colpire più volte lo stesso reddito generato. Si pensi, ad esempio, ai profitti già tassati a livello di aggio che poi vengono nuovamente colpiti da imposte sul reddito e prelievi previdenziali, secondo una logica fiscalmente molto onerosa per chi gestisce la rivendita.
Implicazioni pratiche e prospettive future
Il complesso degli oneri sopra descritti rende evidente come il tabaccaio sia sottoposto a una forma di prelievo fiscale e parafiscale che va ben oltre quello comunemente percepito dal consumatore finale. D’altra parte, il margine che resta a disposizione del gestore, dopo aver adempiuto a tutti gli obblighi fiscali, risulta spesso inferiore a quanto si potrebbe ritenere osservando il solo volume d’affari, dato che la quota effettiva di utile – talvolta considerata facilmente assimilabile a quella di altri settori commerciali – viene in realtà fortemente erosa dal carico degli oneri statali.
Il sistema vigente, pur offrendo una certa tutela sul piano della domanda stabile data dalla natura dei prodotti venduti, impone una rigida disciplina amministrativa e fiscale, lasciando poco spazio alla flessibilità imprenditoriale. Le continue evoluzioni della normativa in materia di fiscalità dei tabacchi, complici le direttive comunitarie e le esigenze di bilancio pubblico, fanno prevedere ulteriori aumenti di aliquote e oneri nei prossimi anni, soprattutto in vista dei crescenti vincoli ambientali e sanitari applicati a livello europeo.
Per questi motivi, la figura del tabaccaio risulta essere tra le più esposte al rischio di eccessiva pressione fiscale, con ripercussioni rilevanti sia sulla redditività dell’attività che sulla qualità del servizio offerto all’utenza. La trasparenza e la conoscenza dell’effettivo sistema di tassazione rappresentano dunque elementi fondamentali non solo per chi svolge questa professione, ma anche per i consumatori e per la collettività, affinché si possa avere una visione più chiara dei reali meccanismi di prelievo che caratterizzano questo settore.