Quando si parla di guadagno reale di un bar in Italia, si entra in un territorio molto più complesso e variegato di quanto si sia portati a credere. Nella percezione comune, il bar viene spesso visto come una fonte sicura di profitti elevati e costanti, ma la realtà dei numeri mostra un quadro decisamente più articolato, dove variabili come le spese fisse, la gestione operativa, la posizione, il personale e la stagionalità giocano un ruolo determinante nella possibilità effettiva di generare un utile davvero interessante per il titolare.
Dietro i numeri: fatturato e utili mensili
Un bar italiano medio può registrare un fatturato annuo attorno ai 450.000-470.000 euro, corrispondenti a circa 38.000 euro al mese di incassi lordi, secondo i dati FIPE e le più recenti analisi di settorefatturato. Tuttavia, questa cifra, che all’apparenza può risultare elevata, va ampiamente decurtata dalle molteplici voci di spesa che gravano sull’attività. Soltanto considerando affitto, utenze, forniture, retribuzioni, assicurazioni, consulenze professionali e imposte, si arriva facilmente a costi fissi mensili oscillanti tra i 2.000 e i 4.000 euro, senza contare le variabili legate alla stagionalità e alla regione geografica di riferimento.
Una volta tolte tutte queste spese, il margine lordo di un bar ben gestito si aggira tra il 55% e il 75%, ma quello che davvero interessa è il cosiddetto utile netto mensile, cioè ciò che effettivamente resta in tasca al proprietario. Qui, la forbice si ampia sensibilmente: per un esercizio medio, il netto oscilla fra gli 800 euro e i 1.700 euro al mese nei casi più prudenti, ma può raggiungere anche i 3.900-7.750 euro se la gestione è impeccabile, la posizione ottimale e la capacità di attrarre clientela elevata.
L’utile mensile finale rappresenta in genere tra il 10% e il 20% del fatturato totale, ma non mancano casi di attività che restano sotto il 5% o, in periodi particolarmente sfavorevoli, registrano addirittura perdite.
La dura realtà delle spese e dei margini
Le spese che erodono il guadagno di un bar vanno ben oltre la semplice fornitura di caffè e cornetti. Fra le voci più gravose figurano:
- Canone di affitto: spesso molto elevato, specialmente nelle zone centrali o turistiche.
- Personale: retribuzioni, contributi, TFR e gestione dei turni, che possono portare a costi elevatissimi se il locale richiede numerosi addetti.
- Acquisto materie prime: bevande, alimenti confezionati e freschi, prodotti per la rivendita.
- Utenze (luce, acqua, gas): rincari e fluttuazioni di mercato impattano direttamente sui costi mensili.
- Spese burocratiche, consulenze (commercialista, sicurezza), assicurazioni di responsabilità civile, licenze e permessi.
- Tassazione: Irpef, Ires e altre imposte sull’utile, che possono ridurre drasticamente il guadagno effettivo a fine anno.
I costi di gestione, sottolineano molti operatori, risultano spesso inaspettati per chi si avventura per la prima volta in questo settore. Non vanno poi sottovalutati i rischi legati a magazzino e rimanenze: stock elevati riducono il capitale liquido disponibile e, in presenza di merci deperibili, possono tramutarsi in perdite se mal gestiti. C’è inoltre il rischio contabile delle rimanenze, che possono far sembrare attivo un esercizio che in realtà non lo è.
Le variabili chiave: location, gestione e tipologia
Quali sono, allora, i parametri da considerare per capire se un bar è davvero redditizio?
- Location: un bar situato in quartieri centrali, presso stazioni, ospedali, o in aree di forte passaggio, può vantare fatturati elevati, ma anche costi di affitto e concorrenza maggiori rispetto a locali periferici.
- Gestione: la capacità del titolare di ottimizzare acquisti, fidelizzare clienti e innovare il servizio è vitale. Lavorare su orari di apertura estesi, eventi tematici e uso di prodotti di fascia alta può incidere sulla redditività.
- Tipologia e offerta: bar classici, caffetterie specializzate, cocktail bar, pasticcerie con servizio bar e locali multifunzionali presentano margini molto diversi. I cocktail bar, ad esempio, nonostante un inferiore volume di incassi, possono avere utili netti annui tra i 30.000 e i 60.000 euro grazie all’utilizzo di prodotti a margine più alto e a una gestione più snella.
- Stagionalità e tendenze: l’analisi delle stagionalità e delle mode (es: brunch, colazioni healthy, prodotti vegani o senza glutine) è fondamentale per evitare cali improvvisi e sfruttare nuove nicchie di mercato.
Un altro elemento rilevante è la capacità di innovazione: l’adozione di tecnologie digitali per la gestione degli ordini o la promozione social permette di accrescere la marginalità e abbattere alcuni costi operativi.
Guadagno reale: ciò che non si dice
Lo scenario reale, dunque, spesso si discosta dalle aspirazioni iniziali dei gestori: in Italia, molti bar lavorano con incassi giornalieri oscillanti fra i 700 e i 900 euro, che a fine mese possono tradursi in un guadagno personale effettivo anche inferiore a 1.000 euro per il titolare. Casi evidenti di overhead eccessivi, presenza di troppi dipendenti a fronte di incassi medi o gestione non ottimale fanno sì che l’utile vero e proprio sia spesso limitato, a margine delle aspettative.
Le cifre riportate nei business plan, infatti, rappresentano medie potenziali di esercizi efficienti, con personale ben calibrato, bassi sprechi e posizione favorevole. Al contrario, locali che scontano errori gestionali, scarsa attrattività dell’offerta o costi fissi sovradimensionati (magari nati per sfruttare un “boom” improvviso e non sostenibile) registrano utili molto bassi o, in casi estremi, chiudono con perdite dopo pochi anni.
Da segnalare che, nella pratica, molti proprietari di bar dichiarano apertamente come, dopo aver pagato tutti i fornitori e onorato le scadenze fiscali, ciò che resta a fine mese per sè è paragonabile – talvolta persino inferiore – a una retribuzione da dipendente non qualificato. Questo aspetto rivela come la vera differenza venga fatta dalla capacità imprenditoriale e dalla visione strategica nel controllare i costi e intercettare le tendenze.
Anche dal punto di vista della gestione imprenditoriale, la competenza in ambito amministrativo, commerciale e marketing risulta fondamentale per massimizzare i margini e preservare la sostenibilità a lungo termine dell’attività.
In sintesi, se sulla carta il bar resta tuttora uno dei settori più diffusi della ristorazione italiana, solo una minoranza di attività riesce a superare i 3.000-5.000 euro mensili di utile netto. La maggior parte degli esercizi, invece, dopo tutte le spese, imposte e imprevisti, si attesta su rendite che difficilmente soddisfano le aspettative iniziali. Comprendere il mercato locale, pianificare gli investimenti e ottimizzare ogni passaggio della gestione quotidiana sono quindi le vere chiavi per non restare schiacciati dagli oneri che – spesso – nessuno racconta con trasparenza prima dell’apertura.