Secondo le più recenti analisi dei dati ufficiali forniti dalla Banca d’Italia e da diversi istituti di ricerca finanziaria, la distribuzione della ricchezza liquida nei conti correnti italiani mostra una realtà sorprendente e molto distante dall’immagine comune di un Paese ricco e risparmiatore. Mentre spesso si pensa che avere almeno 5.000 euro sul conto sia un obiettivo modesto e accessibile a molti, i dati dimostrano che la situazione è in realtà più complessa e, in certi casi, addirittura preoccupante.
La reale distribuzione dei depositi bancari in Italia
L’analisi condotta su milioni di conti correnti rivela che oltre il 77% degli italiani possiede meno di 12.500 euro in banca. Questo valore include tutte le fasce di patrimonio liquido inferiore, e quindi anche chi conserva solo qualche centinaio di euro fino a chi è vicino al “tetto” di questa soglia. Se si considera quindi che 5.000 euro è meno della metà di questa cifra, emerge un quadro ancora più chiaro: la maggioranza dei cittadini non riesce ad accumulare, sul proprio conto, somme considerevolmente superiori a questa soglia minima. Con questa premessa, è plausibile stimare che ben oltre la metà degli italiani non dispone stabilmente di 5.000 euro liquidi sul proprio conto corrente.
Del resto, secondo le suddivisioni ufficiali, solo una quota residuale della popolazione vanta saldi cospicui: circa il 15,3% dei depositi ha un saldo tra 12.500 e 50.000 euro, mentre solo il 6,9% si colloca tra 50.000 e 250.000 euro. Una vera élite, lo 0,2%, detiene invece cifre superiori a 500.000 euro: una distanza siderale dal vissuto della stragrande maggioranza dei risparmiatori.
Perché pochi riescono a superare la “barriera” dei 5.000 euro
Risultano diversi i motivi alla base di questa situazione:
Altri fattori come l’instabilità lavorativa, il diffuso ricorso ai contratti precari e la pressione fiscale, giocano un ruolo importante nel tenere bassa la quota di risparmi liquidi posseduti dalla popolazione.
Qual è il valore medio che gli italiani hanno sui conti correnti?
Pur considerando che, in totale, la massa dei depositi in Italia ha superato i 1.140 miliardi di euro per le famiglie (circa 2.030 miliardi includendo le imprese), la media statistica è fortemente distorta dai grandi patrimoni, motivo per cui non rispecchia la condizione reale della maggioranza. La verità è che se si considera la mediana—ovvero il valore sotto il quale si colloca il 50% dei conti—si ottiene un risultato molto più basso rispetto alla media aritmetica.
Pertanto, avere 5.000 euro in banca non solo non è la norma, ma rappresenta già una soglia superiore a quella raggiunta da milioni di italiani. Questo dato spiega l’apparente paradosso: a fronte di una massa complessiva di risparmi impressionante, la distribuzione è a fortissima concentrazione. I grandi patrimoni detengono la maggioranza della liquidità, mentre milioni di cittadini si dibattono a margini di sopravvivenza finanziaria quotidiana.
Il paradosso dell’accumulo e la sorpresa dei dati
Appare dunque chiaro che il vero paradosso dei risparmi italiani non risiede tanto nell’enorme volume aggregato, quanto nella sua incredibile diseguaglianza. I dati sono ancora più sorprendenti se si considerano ulteriori aspetti:
L’analisi della ripartizione della ricchezza evidenzia ancora una volta quanto il mito del risparmiatore medio italiano sia ormai superato: la concentrazione della ricchezza finanziaria liquida è molto forte, e una larga fascia di popolazione vive in condizioni di costante attenzione al saldo residuo.
Il rapporto tra risparmio, liquidità e sicurezza percepita
Il desiderio di mantenere liquidità sui conti correnti è legato anche a una diffusa ricerca di sicurezza e di immediatezza nell’accesso ai fondi. Tuttavia, la scelta di privilegiare la liquidità rispetto agli strumenti di investimento più remunerativi, seppur più rischiosi o vincolati, ha reso i conti correnti il principale strumento di “parcheggio” dei risparmi. Questa tendenza, tuttavia, si scontra con le esigenze della vita quotidiana e con la difficoltà reale, per la maggioranza dei cittadini, di accumulare somme significative anche per brevi periodi.
Gli impatti dell’inflazione negli ultimi anni hanno reso ancor più difficile questa operazione: la perdita di potere d’acquisto reale delle somme depositate, a fronte di una debole remunerazione da parte delle banche, accentua il rischio di erosione dei risparmi e costringe molti italiani a utilizzare la liquidità accantonata per spese correnti o emergenze.